alfredo panzini

la vita

Bellaria è un’oasi tranquilla in Romagna: la gente vi è mite e gentile. Chi a Bellaria non possiede la sua casetta? La sua barca? Il suo arenile? La sua bottega? Io ci vengo qui da tanti anni e mi pare di goderci una certa reputazione. Non credo, però, che sappiano precisamente qual è il mio mestiere. Dire, scrivo, non dice nulla per loro. Dire, artista, sarebbe presunzione, e poi non sarei inteso. Artista qui vuol dire uno che fa cose strabilianti, per esempio, tenore, baritono; ma allora bisogna avere ville grandi, automobili, e non trattare col popolo. Ecco: professore! Ma di che cosa? Mi presentano talvolta questioni di rettifiche di confini, di numeri mappali. Una bella sposina mi chiamò in disparte per sapere come si fa per non aver figli.
Da Diario sentimentale della guerra, 1923

Alfredo Panzini nasce a Senigallia il 31 dicembre 1963 da Emilio, medico, e Filomena Santini, marchigiana di origine riminese. Trascorre l'infanzia e frequenta le scuole a Rimini, prima di ottenere una borsa di studio al prestigioso Convitto nazionale Marco Foscarini di Venezia. Conclusi gli studi liceali, si iscrive alla Facoltà di lettere dell'Università di Bologna, dove segue entusiasta le lezioni di Francesco Acri, studioso di Platone, e soprattutto i corsi di Giosuè Carducci, incarnazione del suo ideale di letterato. Laureatosi a pieni voti, comincia la sua lunga e travagliata carriera d'insegnante che lo porta in varie sedi: Castellamare di Stabia, Imola, Milano e Roma. Nel 1890 si sposa con l'insegnante di disegno e pittrice Clelia Gabrielli, dalla quale avrà quattro figli: Emilio, Pietro, Matilde e Umberto, che morirà a soli dieci anni. Nello stesso anno esordisce come curatore di antologie scolastiche, con una scelta di scritti di Agnolo Fiorenzuola. Nel 1897 Panzini aggiunge all’insegnamento di lettere, al Liceo Parini di Milano, quello al Politecnico della stessa città, seguito a breve dall’incarico di professore d’italiano agli stranieri al Circolo filologico.
Il 1910 segna l’inizio della fortuna critica panziniana, in seguito alla pubblicazione del saggio di Renato Serra e dell’intervento di Emilio Cecchi apparso su La Voce.
Nel 1918 dopo ben trent’anni lascia la residenza milanese, e di conseguenza i suoi incarichi scolastici, per stabilirsi a Roma, dove insegnerà fino al 1924 all’Istituto tecnico Leonardo da Vinci. Nel 1924 Panzini si trasferisce al Liceo Mariani e inizia la collaborazione con il Corriere della Sera, che durerà fino alla morte dello scrittore.
A Rimini il 21 aprile dello stesso anno, alla presenza di Mussolini, tiene un discorso commemorativo in onore di Giovanni Pascoli. L’anno seguente è tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, redatto da Giovanni Gentile. Nel 1929 è nominato Accademico d’Italia.

Nonostante la fama raggiunta, Panzini non perderà mai occasione per rifugiarsi nella pace e nella tranquillità della sua amata Casa Rossa. Il successo peraltro gli consentirà di realizzare una sua grande aspirazione giovanile, diventando proprietario di alcuni poderi a Bellaria e nelle campagne di Santarcangelo di Romagna. Panzini riposa a Canonica, in prossimità di uno di questi possedimenti, dopo la morte avvenuta a Roma il 10 aprile 1939.