schedina dizionario moderno

le opere

romanzi

Il libro dei morti, Milano 1893
La lanterna di Diogene, Milano 1907
Santippe. Piccolo romanzo fra l’antico e il moderno, Milano 1915
La Madonna di Mamà, Milano 1916
Viaggio di un povero letterato, Milano 1919
Il diavolo nella mia libreria, Roma-Milano 1920
Io cerco moglie!, Milano 1920
Il mondo è rotondo, Milano 1921
Il padrone sono me!, Milano 1922
La pulcella senza pulcellaggio, Milano 1925
I tre re con Gelsomino buffone del re, Milano 1927
I giorni del sole e del grano, Milano 1929
La sventurata Irminda!, Milano 1932
Legione decima, Milano 1934
Viaggio con la giovane ebrea, Milano 1935
Il ritorno di Bertoldo, Milano 1936
Il bacio di Lesbia, Milano 1937

racconti e novelle

Gli ingenui, Milano 1896
La moglie nuova, Milano 1899
Piccole storie del mondo grande, Milano 1901
Lepida et tristia, Milano 1902
Trionfi di donna, Milano 1903
Le fiabe della virtù, Milano 1911
Che cos’è l’amore, Milano 1912
Donne, madonne e bimbi, Milano 1915
Novelle d’ambo i sessi, Milano 1918
Signorine, Milano 1921
Damigelle, Milano 1926
Rose d’ogni mese, Milano 1933
Novelline divertenti per bambini intelligenti, Firenze 1934
La valigetta misteriosa ed altri racconti, Milano 1942 La cicuta, i gigli e le rose, Milano 1950

saggi di storia e di letteratura

L’evoluzione di Giosuè Carducci, Milano 1894
Il 1859. Da Plombieres a Villafranca. Storia narrata da A. P., Milano 1909
La patria nostra. Storia romana, medievale e moderna, Milano 1910
Il romanzo della guerra nell’anno 1914, Milano 1915
Matteo Maria Boiardo, Messina 1918.
Il melograno. Letture per la gioventù e per il popolo, Firenze 1921
Diario sentimentale: dal luglio 1914 al maggio 1915, Roma-Milano 1923
Diario sentimentale: dal maggio 1915 al novembre 1918, Roma-Milano 1924
La vera istoria dei tre colori, Milano 1924
Diario sentimentale: dal luglio 1914 al maggio 1915, Roma-Milano 1923
Diario sentimentale: dal maggio 1915 al novembre 1918, Roma-Milano 1924
Le più belle pagine di Matteo Maria Boiardo, Milano 1926
La penultima moda (1850-1930), Roma 1930
Il conte di Cavour, Milano 1931
La bella storia d’Orlando innamorato e poi furioso, Milano 1933

manuali e saggi linguistici

Saggio critico su la poesia maccheronica, Castellamare di Stabia 1887
Agnolo Fiorenzuola. Scritti scelti e annotati da D. Re e A. Panzini, Milano 1890
Le Bucoliche di Virgilio con raffronti e traduzione originale d’una scelta degli Idilli di Teocrito, nuovamente volgarizzati a maggiore intelligenza del testo, Milano 1891
Elegie di Ovidio e Tibullo scelte e commentate dal dottor Alfredo Panzini, Milano 1891
L’evoluzione di Giosuè Carducci, Milano 1894
Nuova Antologia latina. Brani tratti da autori della bassa latinità e medievali, Milano 1899
Dizionario moderno. Supplemento ai dizionari tradizionali, Milano 1905, 1908, 1918,1923, 1927, 1931, 1935
Manualetto di retorica con numerosi esempi e dichiarazioni ad uso delle scuole tecniche e complementari, Firenze 1912
Semplici nozioni di grammatica con esercizi ed esempi ad uso delle scuole tecniche ginnasiali inferiori e complementari, Milano 1913
Piccola guida della grammatica italiana con un prontuario delle incertezze. Libretto utile per ogni persona, Firenze 1932

casa museo moretti

il dizionario moderno

Il Dizionario Moderno è probabilmente l’opera più interessante e complessa di Alfredo Panzini. Dal 1905, anno della prima edizione, al 1935, quando uscì la settima, Panzini lavorò ininterrottamente a un’opera di cui si proclamava orgogliosamente Autore e non Compilatore. E in effetti il Dizionario, nato probabilmente con l’intento di regolare secondo ideali moderatamente puristici l’afflusso di parole straniere e termini tecnici nella nostra lingua, si trasformò nel tempo in un vero e proprio panorama della vita e della cultura italiana tra fine ottocento e novecento. Un panorama costruito a partire dalle parole nuove, che già nella prima edizione Panzini catalogava in: scientifiche, tecniche, mediche, filosofiche, parole straniere, neologismi, parole dello sport, della moda, del teatro, della cucina, della politica, gergo familiare e dialettale, voci internazionali, modi latini e greci, curiosità. Dunque molto più di un Dizionario, soprattutto se si seguono le fasi del lavoro dell’autore, le aggiunte, le correzioni, le attenzioni con cui ogni lemma viene spiegato e illustrato, con ampiezze che vanno da una riga a una pagina, con intonazioni pedagogiche ma spesso ironiche e allusive. Si potrebbe affermare con una certa fondatezza che il Dizionario accompagna la trasformazione dell’Italia e della vita degli italiani dall’inizio del secolo al fascismo, e che Panzini non perde l’occasione per fissare sulla pagina (come un entomologo con gli spilli) le parole che indicano i cambiamenti di un paese, dai modi di dire ai modi di essere.
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il padrone sono me

il padrone sono me!

Iniziato nel 1918 e uscito nel 1922, il romanzo costituisce probabilmente il momento migliore e ancor oggi più vivo della ampissima produzione narrativa di Panzini. Un giovane contadino, Zvanì, racconta in prima persona le vicende della sua famiglia e della famiglia dei ricchi proprietari per cui lui e il padre Mingòn hanno sempre lavorato. In un arco di tempo che va dall’inizio del secolo al primo dopoguerra, il contadino Mingòn riesce ad arricchire alle spalle delle disgrazie del padrone e, dopo la sua morte, ne rileva la proprietà, anche se poi lui stesso viene divorato dalla malattia. Resta così, unico padrone, il figlio Zvanì, che appunto alla fine del racconto può proclamare orgogliosamente “il padrone sono me!” (con un’irregolarità grammaticale che indica la sua ignoranza ereditaria). Il romanzo segue dunque in parallelo le vicende di due famiglie e, attraverso di esse, di un periodo della società italiana che Panzini guarda con ironia e nello stesso tempo apprensione: al mondo dei vecchi valori (incarnato nelle figure dei due padri, il borghese colto e il contadino astuto) subentra il mondo dei figli, Robertino e Zvanì, incapaci di seguire le orme paterne in una realtà ormai irrimediabilmente mutata. Particolarmente efficaci sono i rapporti che si creano per opposizione o per affinità tra i personaggi: la madre di Zvanì, la Mingona, spicca per concretezza e buon senso in contrasto con la leziosa moglie del padrone, una ricca borghese che vorrebbe modificare le abitudini dei suoi contadini e ingentilirli; il padrone – un astronomo idealista- condivide con Mingòn l’apprensione per il futuro dei figli e delle nuove generazioni, rassegnato al declinare dei tempi. Al centro del romanzo sta la figura di Dolly, la giovane americana di cui entrambi i ragazzi, Zvanì e Robertino, si innamorano: sfuggente, volubile, piena di energie, affascinante e imprendibile, incarna uno dei tanti enigmatici aspetti del mondo femminile su cui Panzini si interroga in ogni sua opera.
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io cerco moglie

io cerco moglie!

Panzini scrive il romanzo negli anni della prima guerra mondiale, ma lo pubblica nel 1920, ed è un successo immediato. A parlare in prima persona è il cavalier Ginetto Sconer, agiato rappresentante di commercio, che intraprende una meticolosa ricerca della moglie ideale, su ispirazione dalle teorie scientifiche del dottor Pertusius. Con l’aiuto di costui, Sconer vorrebbe elaborare un manuale del matrimonio moderno, attraverso cui Panzini ironizza ferocemente su tutte le tipologie di moglie perfetta. Cos’è infatti la bellezza femminile? Spiega il dottore: “Terribile, terribile la bellezza… Eppure cosa è? Cosa è la bellezza? Sempre la stessa storia: una bertuccina con un musettino, con un nasino, con un orifizio boccale, con un sorrisino, con due iridi di qua e di là dal naso; il tutto servito sopra un mannequin di pannicolo adiposo, con contorno di lussureggiante capigliatura. Mistero di Dio!”
Due sono le donne su cui si ferma l’attenzione di Sconer. Prima la contessina Ghiselda, eterea rappresentante di una classe aristocratica e perdutamente presa dall’ammirazione per il poeta Cioccolani (caricatura feroce della poesia d’avanguardia, dannunziano e futurista). Poi la semplice e ingenua Oretta, che Sconer corteggia entrando in amicizia con i genitori ai quali sta per chiederla in moglie quando la scopre in intimità con un giovane militare. Alla fine, amareggiato dagli insuccessi e dalle donne, Sconer diventa amante della dattilografa a cui detta le sue avventure.
Anche in questo caso, oltre a scrivere un romanzo di satira sociale, di ironia verso le mode e i finti valori, Panzini analizza impietosamente i costumi della società a lui contemporanea, dove primeggiano le donne falsamente intellettuali, i poeti falliti, i borghesi ricchi, tutti colti in una caricatura feroce e spesso amara.
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la lanterna di diogene

la lanterna di diogene

Uscito nel 1907 dopo una prima pubblicazione a puntate in rivista, il romanzo riprende la tradizione del reportage di viaggio, condotto però con un mezzo del tutto anti-moderno, la bicicletta, che diventa da questo momento la sigla dell’opera di Panzini. Mostrandosi nella veste del professore borghese esausto alla fine di un anno scolastico, Panzini fugge dalla vita caotica della città in cui insegna, Milano, e raggiunge la famiglia in villeggiatura sulle rive dell’Adriatico, nel paese di Bellaria, il rifugio dove il professore ritrova condizioni di vita originarie e primitive. Prima di raggiungere la tanto desiderata casa delle vacanze, la bicicletta lo porta attraverso una serie di paesaggi del nord Italia, dove lo scrittore ha modo di incontrare personaggi che rappresentano aspetti diversi della società contemporanea. I luoghi attraversati (l’Appennino, la pianura Padana, le valli di Comacchio) provocano continue occasioni di meditazione morale e rivelano una visione amare dell’esistere, tanto che il racconto si chiude con la descrizione del funerale di un collega milanese, a dimostrazione della vanità umana.
Come il filosofo Diogene citato nel titolo, Panzini si dimostra sempre caustico e ironico, incarnazione di una saggezza essenziale in cui si rispecchiano i valori del passato. Anche il mondo dei poveri pescatori diventa l’oggetto su cui esercitare la propria attitudine di moralista, desideroso di far emergere le contraddizioni e le ipocrisie della società, a tutti i livelli, sia tra i poveri che tra i ricchi. E Bellaria, grazie alle pagine di Panzini, assume il ruolo di una delle tante piccole province eterne della letteratura italiana moderna.
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