• la casa delle parole

la casa delle parole01/06/2011



Il Dizionario Moderno è probabilmente l’opera più interessante e complessa di Alfredo Panzini. Dal 1905, anno della prima edizione, al 1935, quando uscì la settima, Panzini lavorò ininterrottamente a un’opera di cui si proclamava orgogliosamente Autore e non Compilatore. E in effetti il Dizionario, nato probabilmente con l’intento di regolare secondo ideali moderatamente puristici l’afflusso di parole straniere e termini tecnici nella nostra lingua, si trasformò nel tempo in un vero e proprio panorama della vita e della cultura italiana tra fine ottocento e novecento. Un panorama costruito a partire dalle parole nuove, che già nella prima edizione Panzini catalogava in: scientifiche, tecniche, mediche, filosofiche, parole straniere, neologismi, parole dello sport, della moda, del teatro, della cucina, della politica, gergo familiare e dialettale, voci internazionali, modi latini e greci, curiosità. Dunque molto più di un Dizionario, soprattutto se si seguono le fasi del lavoro dell’autore, le aggiunte, le correzioni, le attenzioni con cui ogni lemma viene spiegato e illustrato, con ampiezze che vanno da una riga a una pagina, con intonazioni padagogiche ma spesso ironiche e allusive. Si potrebbe affermare con una certa fondatezza che il Dizionario accompagna la trasformazione dell’Italia e della vita degli italiani dall’inizio del secolo al fascismo, e che Panzini non perde l’occasione per fissare sulla pagina (come un entomologo con gli spilli) le parole che indicano i cambiamenti di un paese, dai modi di dire ai modi di essere.
In questo allestimento espositivo della Casa Rossa e delle pertinenze, abbiamo voluto mettere sotto gli occhi del pubblico una scelta del ricchissimo materiale conservato nell’Archivio Panzini della Biblioteca di Bellaria. Si tratta di un grande numero di schedine sulle quali Panzini appuntava le voci con cui arricchire il dizionario, e di una serie di bozze della quinta edizione, dove l’autore interviene (secondo l’abitudine che dimostra anche con i romanzi) inserendo tasselli di carta manoscritta con cui amplia o aggiunge elementi nuovi, o usando la matita blu per eliminare voci troppo lunghe. Le schedine, esposte nei box metallici creati da Claudio Ballestracci, mostrano la creatività con cui l’autore ha proceduto negli anni all’arricchimento del lavoro. Seguendo gli inserti possiamo renderci conto dell’evoluzione complessa dell’opera, ma anche dei toni con cui Panzini inserisce la sua voce (ora seria, ora ironica, ora puntuale, ora divagante) nel tessuto della lingua italiana. I percorsi che il dizionario consente sono infiniti, e potrebbe essere divertente ricostruirli. Basta scegliere un tema e inseguirlo di lettera in lettera. Scopriamo così i termini che designano gli aspetti della moda, l’evoluzione dei costumi, le idee sulla donna, i dati storici o geografici che entrano nel linguaggio comune, i riferimenti ai classici, i modi di dire stranieri, i proverbi latini, il lessico tecnico, e infine tutto un vocabolario legato esplicitamente alla cultura fascista (spesso nel vocabolario compare la sigla “M.”, per indicare che la voce è stata suggerita direttamente da Mussolini). Ma i singoli percorsi non riescono a rendere nel complesso la ricchezza di quest’opera, che è una vera miniera di curiosità, un “apriti Sesamo” della lingua italiana, e in più il luogo dove la malizia di Panzini occhieggia tra le righe di un discorso che dovrebbe essere solo tecnico ma che diventa spesso morale o narrativo.

Marco A. Bazzocchi